Quando si lavora sull’ appropriazione gestuale è importante calmierare le velocità esecutive delle azioni analitiche e globali al fine di far percepire agli atleti le posizioni di equilibrio e la decontrazione. Vi sono poi tanti altri motivi per chiedere ai nostri atleti di dimostrarci in quale misura si sono impossessati della capacità di adeguare le estrinsecazioni neuromuscolari all’ampiezza e posizionamento degli arti durante il movimento.
Per rendersi conto di quale sia il livello di appropriazione gestuale è semplicissimo, basta chiedere ai nostri atleti di andare più piano. Così facendo presto ci accorgiamo di risultare esigenti perché ad una velocità ridotta si amplificano le difficoltà a riprodurre il gesto e ciò avviene anche quando pretendiamo che l’azione sia espressa in uno spazio più contenuto.
Il principio che supporta questa condizione è fortemente legato alle capacità di equilibrio e alla fine appropriazione della gestualità nelle sue espressioni neuromuscolari. Chiunque manchi di questi presupposti troverà arduo portare a termine il compito assegnato enunciando immediatamente i propri limiti. Perché al ridursi degli spazi o all’ampliarsi del tempo esecutivo con i quali si svolge l’esercitazione andranno anche a moltiplicarsi le difficoltà realizzative del gesto e l’atleta enuncerà le sue incapacità. Tale condizione appare importante perché consente al tecnico d’individuare prima ed intervenire successivamente per correggere errori e carenze.
Non è passato molto tempo da quando ho percepito l’importanza di tutto questo. Mi era capitato d’intervenire chiedendo agli atleti di ridurre la velocità d’esecuzione perché non riuscivano a staccare o concludere un salto ma non avevo ancora messo a fuoco le potenzialità di un lavoro che solo successivamente ho inserito tra i metodi didattici che mi consentono d’insegnare in modo migliorativo.
Così è sorta l’idea di allargare la visuale delle attività multilaterali alle “esercitazioni rallentate”, una specie di percorso “bradipo” che consenta di valutare le espressioni tecniche dei ragazzi e facilitare l’appropriazione di aspetti che spesso vengono richiesti agli atleti senza mai insegnare loro come si ottengono. Un esempio è la decontrazione, sovente chiediamo ai nostri atleti di agire in scioltezza, soprattutto durante l’impegno massimale, evitando però di fornire loro le coordinate per appropriarsene.
Devo ammettere che all’inizio di questo percorso d’esperienze l’ipotesi di agire in direzione opposta a quella di una ricerca della massima potenza nel gesto mi aveva posto delle perplessità. È caduta ogni reticenza quando ho potuto verificare questa pratica in campo con i ragazzi prospettando loro esercitazioni tanto ordinarie, forse banali, ma che molti di loro non sono riusciti portarle termine ed hanno enunciato enormi difficoltà nel rappresentare il gesto in forme più contenute o rallentate. Nonostante queste problematicità il lavoro ha ottenuto un positivo impatto sui giovani e oggi posso affermare che questa proposta consente di conseguire i seguenti risultati:
Ø PERMETTE DI MIRARE AD UN PRECISO OBIETTIVO – Durante le azioni rallentate è possibile chiedere il controllo di un segmento corporeo oppure di un solo elemento coinvolto nel movimento;
Ø INCORAGGIA IL SOGGETTO A REALIZZARE L’AZIONE PROPOSTA – Dover portare a termine un obiettivo apparentemente facile stimola i ragazzi a riprovare l’azione quando sbagliano e questo avviene quasi sempre senza alcuna sollecitazione da parte dell’insegnante;
Ø ALTA APPROPRIAZIONE PROPRIOCETTIVA – La bassa intensità esecutiva viene realizzata con il minimo sforzo, quindi senza un ampio coinvolgimento di altri gruppi muscolari. Tale condizione consente un riconoscimento delle afferenze propriocettive perché i segnali recepiti non subiscono interferenze, si può quindi prospettare una maggior appropriazione;
Ø STIMOLANTE RIPETITIVITA’ GESTUALE – La teorica facilità esecutiva accompagnata da basse sollecitazioni autorizza il tecnico ad effettuare un’elevata ripetitività gestuale. Tale fattore può essere sfruttato per consolidare la tecnica con apprendimenti maggiormente mirati. I ragazzi, tra l’altro, reagiscono bene alla replica del gesto, in particolar modo quando vengono utilizzati riferimenti mobili come, ad esempio, conetti ed hs over, perché il continuo spostamento in ampiezza dei riferimenti crea nuove e diverse situazioni e gli atleti si sottopongono più volentieri a questo tipo di molteplicità gestuale.
Ø MINORI TRAUMI – Abbassando la qualità delle tensioni si allontanano corrispondentemente gli effetti traumatologici di azioni che nell’atletica di solito sono caratterizzate da elevati carichi di punta. Essendo le tensioni in questo contesto invece di bassa intensità la possibilità di traumatizzare le strutture appare assai remota;
Ø MIGLIOR CONCENTRAZIONE – Questo lavoro, molto progressivo e di teorica facile applicazione, porta i ragazzi a concentrarsi ripetutamente e quindi ad allenare le loro capacità di attenzione e applicazione. In questo modo si ottiene anche una maggior archiviazione dei segnali e quindi un apprendimento più evoluto.
Ø MAGGIOR AUTOSTIMA – I ragazzi trovano questo tipo di proposta adeguata alle loro possibilità, quindi alla loro portata. Quando non riescono a realizzare l’azione vogliono spontaneamente ripeterla per dimostrare che sarebbero stati capaci di realizzare un obiettivo apparentemente facile e alla loro portata. Tutto ciò accresce la percezione positiva della propria persona predisponendo il soggetto a spingersi ed osare oltre quanto fino allora ottenuto. Questo rafforza l’autostima.
LA PRATICA – Facciamo ora alcuni esempi di multilateralità rallentata affinché sia possibile visualizzare l’utilizzo pratico di questo metodo di operare. Partiamo innanzitutto con il dire che nel fare “Nuove proposte motorie” dobbiamo sempre preoccuparci di far rappresentare ai ragazzi il gesto da eseguire. Un ripasso “a secco” di quanto si dovrà realizzare aiuterà l’avvicinamento all’espressione globale, che deve avvenire con una gradualità e accompagnata da richieste che godono di progressive complicanze. Si ottiene questo:
· Chiedendo di controllare un elemento alla volta; · Facendo eseguire l’azione ad una velocità rapportata al livello d’apprendimento dei soggetti coinvolti; · Effettuando esercitazioni di un’ampiezza esecutiva gradualmente maggiore.
CHIEDERE UN ELEMENTO ALLA VOLTA – Le azioni sono composte da molti gesti che insieme vanno a costruire l’azione, è compito dell’allenatore cogliere l’aspetto rappresentativo più importante e focalizzare l’attenzione dei ragazzi verso questo elemento. Ammesso che i soggetti sappiano eseguire l’azione globale (Ad esempio un passo saltellato) si daranno istruzioni per:
· Realizzare l’azione con fluidità e a bassa intensità (Lentamente) ponendo l’accento verso un aspetto generale come, ad esempio, l’avanzamento o la verticalizzazione;
· Far eseguire nuovamente l’esercitazione pretendendo di focalizzare l’attenzione verso un solo elemento tecnico, ad esempio l’appoggio di tacco-punta, l’estensione completa dell’arto, l’oscillazione delle braccia … in modo che i ragazzi abbiano a concentrarsi su questo fattore.
In una fase successiva sarà possibile aggiungere altre richieste. Le complicanze prevedono una base esecutiva e dovranno essere abbinate solo agli elementi realizzati compiutamente precedentemente.
Operando con queste attenzioni si ottiene un’archiviazione in memoria più efficace delle esperienze e l’atleta ha l’occasione per mettere a fuoco i punti nevralgici dell’azione. Questo è dovuto alla sedimentazione nella memoria lunga di segnali archiviali che portano con sé alcuni elementi comuni, facilmente riconoscibili perché appartenenti ad una successione di eventi vicini tra loro, cioè rapportati ad alcune specificità. La ripetitività di segnali farà il resto.
Modalità esecutive similari, caratterizzate da velocità progressivamente più accentuate farà sì che i segnali non vengano eleminati ma siano recepiti e depositati permanentemente nella memoria a lungo termine (MLT) permettendo così successivamente di attingere ad una più ampia gamma d’esperienze. Il processo è quindi semplice e consiste nel:
1. Far effettuare un esercizio base;
2. Chiedere un controllo differenziato;
3. Abbinare ed aggiungere altri controlli;
4. Prima far eseguire l’azione a velocità ridotte e poi sempre maggiori.
UNA VELOCITÀ DI ESECUZIONE BASSA E RAPPORTATA AL LIVELLO D’APPRENDIMENTO DEI SOGGETTI – L’importante è partire sempre con movimenti di bassa intensità e facilmente eseguibili, solo successivamente si chiederà di svolgerli in modo leggermente più dinamico aumentandone la velocità esecutiva. Quando i soggetti non controllano l’azione è necessario fare il percorso inverso, cioè ridurre progressivamente la celerità fino a trovare il livello esecutivo al quale i ragazzi sanno controllare il gesto.
Per sedimentare le acquisizioni è sempre necessario ripetere più volte le esecuzioni e per non incidere sulle strutture articolari, muscolari e tendinee si può benissimo adottare una velocità esecutiva bassa ma pretendere una elevata finezza nello svolgere l’esercitazione. In questa fase di solito si aumentano le richieste con azioni coordinative più complesse, nella norma abbinando azioni braccia-busto-gambe in forme evolute, quindi svolte su piani spaziali diversi.
AMPIEZZA ESECUTIVA GRADUALE – Giocare sull’ampiezza del movimento significa spostare il concetto veloce- lento in modo corrispondente su un pianeta diverso, cioè quello esecutivo che va dal ridotto all’ampio. Questo vale soprattutto nel gioco delle azioni guidate, contesto nel quale i riferimenti (Cinesini, conetti, over … etc.) possono condurre i ragazzi ad una diversa estensione del movimento graduandone automaticamente l’intervento muscolare. Le diverse ampiezze portano con sé problematiche diverse:
Ø Riferimenti adeguati Consentono al soggetto di trovarsi a proprio agio e di assecondare l’azione facendo perno su espressività, quindi velocità esecutive, ottimali. Dovrebbe essere il punto di partenza per agire successivamente sullo spostamento in ampiezza degli elementi utilizzati;
Sono di difficile gestione perché l’individuo deve possedere una grande duttilità neuromuscolare e saper utilizzare gli elementi perno dell’azione come
Ø Riferimenti molto ravvicinati il piede facendo intervenire la “forza essenziale”. Abbisognano anche di una corretta postura. Le spalle avanti portano a “scappare” e prevaricare i riferimenti interrompendo anche il senso ritmico dell’azione. Questa condizione è favorita dalla decontrazione e migliora la percezione sensitiva di tipo propriocettivo del movimento che si va ad eseguire;
Ø Riferimenti ampliati
Portano l’esecuzione tecnica sul piano della forza ma accentuano le mancanze tecniche ed i difetti che l’atleta porta con sé. Sono difficili per tutti coloro che non rispettano i tempi appoggio-spinta, mancano di un adeguato sostegno neuromuscolare o peccano nell’esecuzione adottando assetti biomeccanici errati. Con i giovani sono da evitare le esasperazioni e le azioni non stabilizzate sotto il profilo tecnico.
Nel terminare il percorso di appropriazione, riportandolo alla valenza iniziale, si può solo puntualizzare la grande importanza di utilizzare velocità e ampiezze ridotte. Si rivela in pratica un test per controllare il livello esecutivo raggiunto, serve quindi per:
Ø Verificare il grado di destrezza specifica di “quel determinato esercizio”;
Ø Insegnare posture ed azioni nella massima decontrazione e con il sostegno della sensibilità muscolare.
Il gioco vale la candela perché, non solo accompagna l’atleta ad “entrare” nella valenza dell’esercizio, ma agevola il tecnico nella comprensione degli errori espressi dai suoi atleti.
Chiunque può verificare in quale maniera gli atleti interpretano il gesto e quali esasperazioni portano nell’azione. È così possibile visualizzare chi esacerba trazioni, puntelli, scarsi sostegni o dimentica di coinvolgere parti fondamentali del corpo che partecipano all’azione. Questo lavoro infine denuncia e obbliga a poggiare l’esecuzione sull’equilibrio, fattore spesso dimenticato e che invece è determinante per eseguire con proprietà qualsiasi esercitazione tecnica.
Provare per credere!